In una piovosa mattina di Maggio mi reco
a Coccaglio dall'Avvocato Carlo de Filippo per una breve intervista
sull'azienda vitivinicola di famiglia:
Spiegaci le origini
della tua azienda vitivinicola, e in cosa vi siete specializzati;
quante bottiglie producete all'anno?
L'azienda
viene fondata all'inizio del '900 dal bisnonno Domenico De Filippo
senior, viticoltore, che si trasferisce nel bresciano dove inizia a
diffondere vini attraverso la rete dei c.d. "Trani", dal
nome della terra di provenienza dei vini più corposi ed alcolici,
molto apprezzati dal consumatore dell'epoca. Durante la seconda
guerra mondiale il nonno Luigi apre la sede di Coccaglio, ubicata nel
castello medievale eretto su rovine romane, nella quale intraprende
la produzione di vini più fini, imbottigliati. Solo con mio padre
Domenico De Filippo jr., enologo, negli anni sessanta la cantina
tocca i vertici qualitativi, abbandonando totalmente la produzione di
vini comuni e rendendosi protagonista della fondazione del consorzio
tutela Franciacorta, la cui storia è nota. Attualmente produciamo
tutta la gamma di Franciacorta e Curtefranca, Il Muffito e la grappa
di Muffito. La produzione complessiva si aggira intorno alle 100.000
bottiglie complessive.
Tu
personalmente, da quando hai iniziato ad occuparti di vigne e di
vino?
Ci
sono nato. Ho coltivato interessi e studi in materia, conseguendo,
nel 1987, il titolo di enologo presso la Scuola di Conegliano.
Attualmente esercito la professione di avvocato, mentre la produzione
vitivinocola è tuttora seguita da mio padre, Domenico, annata 1942
(!) che non dà alcun segno di cedimento, anzi!
Negli
ultimi decenni c'è stato un vertiginoso aumento della produzione
vinicola in Italia. Pensi che sia un bene, o che la maggiore quantità
vada a discapito della qualità (pensando al fatto che l'incremento
della produzione è soprattutto “merito” delle grandi industrie)
La
produzione industriale di vino non consente certo di mantenere alti
standard qualitativi. Il problema non tocca la Franciacorta, zona
nella quale non vi è produttore che abbia mai inteso alterare lo
spirito che accomuna tutti i produttori della zona, dediti a
perseguire i massimi risultati qualitativi.
La
tua azienda sente gli effetti della crisi? Pensi che ci rimetteranno
soprattutto i piccoli imprenditori vinicoli, che per ovvi motivi non
possono ribassare troppo i prezzi?
Forse
sono proprio le aziende di piccole dimensioni ad essere avvantaggiate
nella sfida competitiva che la crisi globale ci ha posto davanti.
Intendo dire che una maggiore flessibilità e costi fissi contenuti
posso consentire di stare sul mercato con maggiore serenità rispetto
a chi è costretto a fare grandi volumi per sopravvivere.
Oggi
vanno di moda le aziende agricole biologiche e biodinamiche, è una
scuola di pensiero che si sta espandendo anche alla produzione di
vino. Cosa ne pensi? E dei vini vegani?
Credo
che l'argomento si presti a troppi equivoci e strumentalizzazioni. Di
certo ogni produttore deve mirare alla qualità riducendo al minimo
l'intervento sulla materia prima. Conservando, esaltando quello che
la natura offre, in termini di profumi e sapori, e non alterandolo.
Non bisogna però innamorarsi delle parole e badare alla sostanza.
Come l'essere umano anche il vino può ammalarsi di tante "malattie"
che hanno tutte una causa naturalissima e biologica, che deve essere
prevenuta ed evitata. Nel fare questo, è bene tenere presente che,
altrettanto, il vino è dotato dei mezzi per difendersi dalle
malattie e curarsi, secondo natura. La scelta, nel caso concreto sta
alla scienza ed alla coscienza del produttore, in particolare
dell'enologo.
Da qualche giorno è
stato formato un nuovo governo, con un ministro
dell'agricoltura...acerbo sull'argomento per usare un eufemismo.
Quali pensi che siano i problemi del tuo settore, quali dovrebbero
essere affrontati con urgenza?
La
priorità consiste nell'aiutare l'eccellenza italiana ad emergere
all'estero. Temo che questo non rientri nella cultura stessa dei
nostri rappresentanti. Tradizionalmente l'imprenditore privato è
lasciato a sé stesso. in particolari i piccoli produttori. Ciò
rappresenta il limite ma al tempo stesso uno stimolo a fare sempre
meglio.
La
tua è un'azienda con una tradizione di generazioni; cosa potresti
consigliare a chi, invece, decide di far nascere un'azienda
vitivinicola da zero?
Come
diceva non so quale economista, per buttare il proprio denaro tre
sono i metodi più diffusi: andare a donne, giocare d'azzardo e
investire in agricoltura. Il primo è il più divertente, il secondo
è il più stupido, il terzo è il più sicuro. Seriamente:
consiglierei di considerare la cosa come una scelta di vita da
valutare almeno sui vent'anni, non badando al profitto che se ne può
ricavare ma alle soddisfazioni, che sono tante.
E dopo questa
intervista,non poteva mancare un brindisi finale con un ottima
bottiglia di Franciacorta Saten Brut Luca Marenzio, prosit!