venerdì 17 maggio 2013

Franciacorta e vino. Ne parla Carlo De Filippo, dell'omonima casa vinicola

In una piovosa mattina di Maggio mi reco a Coccaglio dall'Avvocato Carlo de Filippo per una breve intervista sull'azienda vitivinicola di famiglia:


Spiegaci le origini della tua azienda vitivinicola, e in cosa vi siete specializzati; quante bottiglie producete all'anno?
L'azienda viene fondata all'inizio del '900 dal bisnonno Domenico De Filippo senior, viticoltore, che si trasferisce nel bresciano dove inizia a diffondere vini attraverso la rete dei c.d. "Trani", dal nome della terra di provenienza dei vini più corposi ed alcolici, molto apprezzati dal consumatore dell'epoca. Durante la seconda guerra mondiale il nonno Luigi apre la sede di Coccaglio, ubicata nel castello medievale eretto su rovine romane, nella quale intraprende la produzione di vini più fini, imbottigliati. Solo con mio padre Domenico De Filippo jr., enologo, negli anni sessanta la cantina tocca i vertici qualitativi, abbandonando totalmente la produzione di vini comuni e rendendosi protagonista della fondazione del consorzio tutela Franciacorta, la cui storia è nota. Attualmente produciamo tutta la gamma di Franciacorta e Curtefranca, Il Muffito e la grappa di Muffito. La produzione complessiva si aggira intorno alle 100.000 bottiglie complessive.
Tu personalmente, da quando hai iniziato ad occuparti di vigne e di vino?
Ci sono nato. Ho coltivato interessi e studi in materia, conseguendo, nel 1987, il titolo di enologo presso la Scuola di Conegliano. Attualmente esercito la professione di avvocato, mentre la produzione vitivinocola è tuttora seguita da mio padre, Domenico, annata 1942 (!) che non dà alcun segno di cedimento, anzi!
Negli ultimi decenni c'è stato un vertiginoso aumento della produzione vinicola in Italia. Pensi che sia un bene, o che la maggiore quantità vada a discapito della qualità (pensando al fatto che l'incremento della produzione è soprattutto “merito” delle grandi industrie)
La produzione industriale di vino non consente certo di mantenere alti standard qualitativi. Il problema non tocca la Franciacorta, zona nella quale non vi è produttore che abbia mai inteso alterare lo spirito che accomuna tutti i produttori della zona, dediti a perseguire i massimi risultati qualitativi.
La tua azienda sente gli effetti della crisi? Pensi che ci rimetteranno soprattutto i piccoli imprenditori vinicoli, che per ovvi motivi non possono ribassare troppo i prezzi?
Forse sono proprio le aziende di piccole dimensioni ad essere avvantaggiate nella sfida competitiva che la crisi globale ci ha posto davanti. Intendo dire che una maggiore flessibilità e costi fissi contenuti posso consentire di stare sul mercato con maggiore serenità rispetto a chi è costretto a fare grandi volumi per sopravvivere.
Oggi vanno di moda le aziende agricole biologiche e biodinamiche, è una scuola di pensiero che si sta espandendo anche alla produzione di vino. Cosa ne pensi? E dei vini vegani?
Credo che l'argomento si presti a troppi equivoci e strumentalizzazioni. Di certo ogni produttore deve mirare alla qualità riducendo al minimo l'intervento sulla materia prima. Conservando, esaltando quello che la natura offre, in termini di profumi e sapori, e non alterandolo. Non bisogna però innamorarsi delle parole e badare alla sostanza. Come l'essere umano anche il vino può ammalarsi di tante "malattie" che hanno tutte una causa naturalissima e biologica, che deve essere prevenuta ed evitata. Nel fare questo, è bene tenere presente che, altrettanto, il vino è dotato dei mezzi per difendersi dalle malattie e curarsi, secondo natura. La scelta, nel caso concreto sta alla scienza ed alla coscienza del produttore, in particolare dell'enologo.
Da qualche giorno è stato formato un nuovo governo, con un ministro dell'agricoltura...acerbo sull'argomento per usare un eufemismo. Quali pensi che siano i problemi del tuo settore, quali dovrebbero essere affrontati con urgenza?
La priorità consiste nell'aiutare l'eccellenza italiana ad emergere all'estero. Temo che questo non rientri nella cultura stessa dei nostri rappresentanti. Tradizionalmente l'imprenditore privato è lasciato a sé stesso. in particolari i piccoli produttori. Ciò rappresenta il limite ma al tempo stesso uno stimolo a fare sempre meglio.
La tua è un'azienda con una tradizione di generazioni; cosa potresti consigliare a chi, invece, decide di far nascere un'azienda vitivinicola da zero?
Come diceva non so quale economista, per buttare il proprio denaro tre sono i metodi più diffusi: andare a donne, giocare d'azzardo e investire in agricoltura. Il primo è il più divertente, il secondo è il più stupido, il terzo è il più sicuro. Seriamente: consiglierei di considerare la cosa come una scelta di vita da valutare almeno sui vent'anni, non badando al profitto che se ne può ricavare ma alle soddisfazioni, che sono tante.
E dopo questa intervista,non poteva mancare un brindisi finale con un ottima bottiglia di Franciacorta Saten Brut Luca Marenzio, prosit!

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